TEXT OF EXHIBITION – HAY QUE CAMINAR

AK2DERU – Hay que caminar …

Hay que caminar…

 

I.

 L’iter mysticum, l’idea di un viaggio sotterraneo e salvifico; il tremendum delle deità infere, che con doni di immortalità ricompensano le fatiche. L’iter salutis, l’esperienza della guarigione interiore – conquista di un percorso iniziatico fra ostacoli simbolici.

 Oggi per questo noi abbiamo l’Atac s.p.a.

Succedanea delle traversate dello spirito, a patto che non ne lamentiamo mai il disservizio, che non ne malediciamo le infinite lungaggini, che non soccombiamo allo scompiglio di nervi. Ak2deru ne viene a capo. Addomestica l’Ade che impatta quotidianamente nella realtà, lo imbriglia, gli dà significato. Ti svelo dunque il primo segreto: il medium cartaceo delle opere in mostra è l’obolo stigio una volta metallico. Ak2deru ruba così il mestiere a Caronte, o forse aspira a diventare un novello Ermete psicopompo. Cosicché l’obolo, il mezzo utile per l’attraversamento dei fiumi infernali di Roma – se non altro per divincolarsi dalla furia persecutoria delle erinni in giacca verde – è qui codificato una seconda volta, e con ciò spiritualizzato.

Il monosema qui è danza rituale, spade, labirinti, percorsi nel subcosciente. Mappa interiore del viaggio; il precorrere la riuscita. Di esperienze mistiche il mondo ne sarebbe pieno, soprattutto in questa nostra vita occidentale. La rapidità ne costituisce un vettore possibile – tra i tanti – così come quando essa viene meno – la lunga attesa del 44.

Walter Benjamin nei Passages parigini ha già osservato il nesso tra métro, labirinto, dimensione infera e linguaggio. I nomi delle stazioni fanno sì che le “vittorie di Napoleone I si trasformino in divinità sotterranee”. Le stazioni parigine sembrano a Benjamin come roccaforti di suburre protostoriche, “regni trogloditici”, conurbazioni di forze mitiche, agglomerati di senso arcaico. Il linguaggio è cosa divina: nomini ed evochi, anzi elevi. L’arte in ciò signoreggia.

Il secondo mistero della mostra te lo rivelo un’altra volta (perché non sentirsi sacerdoti, ierofanti, ogni tanto?)…

 

***

II.

 

Neppure i viaggi mistici a bordo degli autobus hanno una vera meta – se si è cliente anche per sole 200 volte. È tutto un unico viaggio. “Hay que caminar…”. Le stazioni sono parziali, fintanto che sei in ballo. E se ti qualifichi scientemente come “viandante”, situato su un “sentiero”, fai attenzione a quando pensi “sono arrivato”, qualche controllore in borghese potrebbe persuaderti del contrario.

La frase al completo suona così: Caminantes, No hay camino, hay que caminar, che pressappoco si traduce “Viandanti, non vi è un cammino, c’è da camminare”. In sostanza, il provetto viaggiatore procede come se non ci fosse un cammino determinato. E sperimenta.

la leggenda vuole che Luigi Nono – compositore contemporaneo sommamente caro ad Ak2deru – abbia trovato la scritta a Toledo, libera interpretazione di alcuni versi di Antonio Machado, e che ciò gli abbia ispirato una trilogia, tra il 1987 e il 1989, di suoi ultimissimi lavori. No hay camino, hay que caminar… Andrej Tarkovskij (1987), si intitola così la seconda composizione della trilogia. Ricordiamoci del film Stalker (1979) a tal proposito.

Con questa citazione Ak2deru ci parla ancora una volta del suo sistema di linguaggio. La musica è anteriore forse ancor di più della pittura, sebbene non per principio. Anteriore alle intenzioni, poiché affine al materiale del pensiero. Ak2deru pensa musicalmente. E il pensare musicalmente lo fa pensare pittoricamente – solo in seguito. Ak2deru, è compositore secondo un’estetica che si dipana da un tutto annodato, dove la composizione è una, ha sapore musicale, come può avere un timbro pittorico. Ritorna qui il concetto di Adorno di convergenza di pittura e musica in quanto Scrittura.

L’ultimo rimando ricade a te, proprio come in un trionfo misterico della tarda antichità – l’identificazione formale dell’iniziato con la divinità. Se i puntini di sospensione sono dedicati da Luigi Nono al grande cineasta russo, considerati tu stesso menzionato e coinvolto, tu, o procrastinatore di viaggi e utente equipaggiato di soste attrezzate.

Ruggero Barberi