TEXT OF EXHIBITION – LI MOLTI E MOLTI

La più grande conquista di un sistema è convincere i cittadini che la loro condizione esistenziale, non importa quale, è una condizione normale

Se l’arte è un riflesso della psiche del suo autore, allora il temperamento di Ak2deru appare tanto preso quanto influenzato da una visione drammatica, tragica per alcuni versi, della vita e del suo decadimento. Non è evidente a prima vista, ma piace sicuramente guardare e considerare i suoi lavori come misura del coraggio del “cuore umano” di assorbire in egual misura dolore e piacere, amore e libertà; libertà anche del “lasciarsi andare”. Inerente al lavoro, una incredibile onestà unita ad una “luce” infinita:  qualcosa che è fondamentale per l’arte tanto quanto lo è per la vita.

Le opere di Ak2deru esprimono una condizione simile al desiderio e alla carnalità; la loro superficie  appare tanto affermativa quanto sottilmente fratturata da apparenti, volute imperfezioni come se ogni lavoro volesse vestire abiti dolenti e di sofferenza; come se la sua pittura avesse intrinseco un “malessere” originario, pronta in ogni momento ad assumere altri “colori” e declinare nell’ombra di se stessa. È una aura che si irradia dai suoi quadri come una sorta di incarnazione della luce naturale. Con le sue invenzioni Ak2deru parla di situazioni e circostanze, quelle dell’esperienza, in cui proprio grazie alla luce noi possiamo avere un registro della vita. Dai suoi quadri questa luminosità (resa con segni e “gesti”, quindi con “comportamenti”, fatti di terre, minerali, ceneri, fuoco…) promana come una sorta di linfa essenziale che racconta e spiega la ciclicità delle energie naturali che producono vita e morte.

Ak2deru ragiona in modo che l’arte possa comprendere tutto della “vita” (uomo, natura, energie, morte, tragedia…); lo fa incamerando dentro e attorno al lavoro storie nascoste (il titolo di questa personale e il suo pseudonimo sono l’esempio più immediato) che indirizzano il senso delle sue astrazioni verso contenuti molto diversi (dall’estetico al sociale, dal politico al “carnale”..): perché questi si aprano ai nostri occhi basta solo prendersi il tempo di guardare.

Ak2deru: che la scelta dello pseudonimo sia stata determinata anche da una allusione tutt’altro che vaga alle contraddizioni e ai tormenti della sua esistenza e quindi del suo animo è una possibilità da non escludere; ma è più plausibile una scelta che si ricolleghi alla necessità di disegnare una identità non evidente a prima vista, per tacere della semplice, apparentemente semplice preferenza determinata dal suono. Certo è che l’uso di uno pseudonimo implica non solo un distacco da qualcosa e un volersi celare differenziandosi, ma anche il desiderio di essere unico, isolato, irripetibile. Ak2deru infatti non ha né scuola, né cerchia a cui possa essere riferito, almeno nel senso classico, corrente di queste espressioni,  pur avendo riconoscibili nel suo lavoro non pochi ascendenti e tutti di razza. Le notizie e i dati ci sono offerti dal lavoro stesso: una spiccata individualità, ma generata dalla storia che l’ha preceduta; questioni di cultura, di spiritualità, di introspezione; problematiche connesse all’architettura di un tempo che appartiene esclusivamente alla mente umana: un tempo caratterizzato da una consapevole e cosciente distinzione tra passato, futuro e un presente mentale. Un fluire, un passare del tempo la cui  origine e conseguente rappresentazione, affatto astratta, non può ricercarsi che nella nostra testa: uno scorrere o meglio un precipitare del futuro nel presente e di questo nel passato, un passato che diventa “spiritualmente reale” perché una cosa diventa tale quando è conosciuta, oppure quando non è più, non prima. Anche se il tempo compenetra ogni momento della nostra vita, situandosi al crocevia delle relazioni tra l’esperienza quotidiana e la sua rappresentazione, è pur sempre un paradosso, un intrico, un labirinto generati dall’intreccio di naturalezza e enigmaticità, ovvietà e inesplicabilità. Citando Alexis de Tocqueville potremmo dire che “poiché il passato non rischiara più l’avvenire, lo spirito avanza nelle tenebre”?

…consiste dunque l’arte nella ricerca di nuovi orizzonti di senso per l’esperienza della “temporalità” che possano consentirle di sottrarre l’aprirsi verso il futuro al sentimento di oppressione con cui lo si vive oggi? Forse si delinea la possibilità, non di rado avvertita come necessità, di uno spostamento dalla deriva o problema della temporizzazione  degli ambiti esistenziali a quello dei paradossi spazio-temporali dell’esperienza: una sorta di conversione dello sguardo dal tempo allo spazio?

È un labirinto dal quale è possibile uscire solo entrandovi. Il filo d’Arianna di questo viaggio? Lo si può anticipare come assimilabile al “già noto”, perché neutralizziamo l’imprevisto e l’inquietante del futuro  precorrendolo, immaginandolo simile al passato, agli eventi già elaborati e riposti nello scrigno del ricordo. Il preconizzare finisce così per risolversi in un rigonfiamento del bagaglio della memoria: null’altro che un complesso simbolico tipico del nostro contesto culturale le cui radici affondano in quella tendenza a esorcizzare l’ignoto e l’estraneo per via di assimilazione al “già noto”, al familiare.

“In connessione con la morte ognuno è condotto nel “come” che egli può essere in modo uniforme; in una possibilità in riferimento alla quale nessuno è privilegiato; nel “come” in cui ogni “che cosa” è ridotta in polvere” (2): il livellamento di ogni singolarità nella modalità del morire che annienta tutte le differenze”.

L’operato di Ak2deru, tuttavia, complica e intrica ulteriormente l’idea di labirinto alla quale accennato appena. Mette in campo anche il “suono”, ma i due ambiti vivono di vita propria, non conviventi l’uno nell’altro né tanto meno l’uno per l’altro; a sé stanti, ma informati dalla stessa urgenza  di “comunicazione”. L’espressione artistica del resto non è che un atto di

“comunicazione”, vale a dire un processo di relazione facile da riconoscere nel suo valore oggettivo, immagine o suono che sia. Senza comunicazione le cose smettono di essere significative per esistere, nel bene e nel male, come entità aliene, totalmente indifferenti. Le ricerche “suono”, nella esperienza di Ak2deru, non esistono semplicemente come atto di sonorizzazione di una scena “storica”, ci sembrano piuttosto i mezzi attraverso i quali investigare problematiche che dalla storia culturale (i riferimenti al “rumorismo” futurista sono innegabili, per non dire espliciti) sfociano nella indagine del sé e delle esperienze consumate nel tempo. Così, per la sorta di rimando imprescindibile tra immagine e suono, l’operato di Ak2deru sembrerebbe svolgere doppio un compito:  coinvolgere visione e udito tenendoli separati e impegnare non solo la sfera intellettiva, concettuale, ma anche la sfera emozionale, sensoriale.

Mario de Candia

 

1- A. de Tocqueville, “La Democrazia in America” in “Scritti politici”, vol. II, a cura di Nicola Matteucci, Torino, UTET, 1968.

2 – M. Heidegger, Il concetto del tempo, Adelphi 1998

 

 

Roma / Parigi  2020